Live from Libano - Giorno 8 - A spasso per Tripoli
Domenica 28 Settembre - Giorno 8
Giornata non lavorativa.
Da Koubayat, città cristiana montana dell'Akkar, a Tripoli è un viaggio in macchina sulle strade libanesi di circa 1h e 30.
Svegliati dall'urlo di una volpe mattiniera, dopo una doccia e una piccola colazione, Maher, il nostro interprete che si è offerto oggi di farci da guida, ci viene a prendere. Lui sarà il nostro Angelo Custode per questa escursione nella seconda città libanese.
La strada come al solito è piena di dossi, passiamo da Halba e poi verso Tripoli, città sul mare da 1 milione di abitanti. Mussulmana nell'animo e nel cuore. Senza troppi estremismi proprio perché sul mare, quindi aperta, colorata, viva. Il traffico libanese è simile a quello siciliano degli anni 80, con l'aggravante di una mancanza totale di segnaletica, tuk tuk, macchine scassate, motorini, scooter, super suv, bmw e anche qualche monopattino.
Maher ci ha proposto un programma ricco ma lento tra genuinità culinarie e visita alla città. Appena arrivati colazione da campioni con 3 piatti tipici: hummus di ceci, fatteh di ceci con mandorle, anacardi e pane sotto e il Ful Medames, crema di fave buonissima.
Poi via verso la Grande Moschea, accompagnati da un volontario pseudo convertitore all'Islam, che ci spiega tutti i riferimenti architettonici "italiani" della struttura: archi, minareto quadrato, colonne, marmo. Ci spiega che prima di entrare a pregare ci si lava bene mani, viso, piedi e poi ci si toglie le scarpe, passando per una passerella in legno, si entra. Ci concede di entrare. A Loredana danno una tunica in prestito dove ci sta 4 volte.
Il silenzio della moschea è imponente, dentro qualche persona verso La Mecca, ci spiega che quando si prega si è tutti uguali sulla stessa linea, ordinati, senza distinzione di censo o di età, le donne però pregano fuori.
Usciamo poco prima della chiamata del muezzin delle 12.30. E ci infiliamo nel souk. Prima nella via dell'oro. Poi le spezie, poi ancora le verdure, in ultimo vestiti e abiti arabi, compreso un angolo dedicato agli abiti per le mogli, ovviamente esclusivamente da indossare per il marito. Una sorta di yamamay arabo, con un tocco glamour verso il kitch.
L'architettura medioevale ottomana è affascinante e ti trasporta ai tempi antichi.
Un luogo suggestivo per posizione e panorama. Qui troviamo una signora super gentile che ci mostra in arabo le foto e ci spiega, attraverso l'inglese dei pannelli museali comprendiamo quanto il sito fosse antico.
Ora la Cittadella è anche una postazione dell'esercito che sorveglia la zona.
Una volta scesi, madidi di sudore ritorniamo alla macchina per raggiungere una merenda dolce. Halawet el jibn è una pasta di formaggio e semola, ricoperta di formaggio fresco, granella di pistacchio e miele di zucchero. Ipercalorico ed energetico, per ricominciare ad andare in giro.
Si fa un giro a El Minah, quartiere caratteristico pieno di localini molto interessanti, purtroppo ancora chiusi a causa dell'orario pomeridiano, osserviamo da una parte la cura, dall'altra il groviglio di cavi elettrici che attraversano il cielo. On the road sul lungomare quasi felliniano e poi pranzo (alle 17.30) con un falafel kebab.
Via per tornare a Koubayat, facendo tappa a Bebnine per un saluto ai figli di Maher e farci prestare da lui la moka e un pacco di caffè italiano.
Arriviamo a Koubayat alle 20, nel nostro bosco. Stanchi ma felici di questa giornata immersi nella cultura genuina libanese musulmana.
Grati a Maher e a Tripoli che ci ha accolti con gentilezza e umiltà.
A domani.
Ah dimenticavo: ho provato anche il gelato arabo al limone, molto simile alla granita e il narghilè
PS: I sud sono tutti impressionantemente simili. In alcuni momenti mi sono sentito a Bari, Lecce, Napoli, Reggio Calabria, Catania, Palermo, Marrakesh, Fes. È stupendo questo. Sempre figlio di Annibale.
Laylah sa'īdah Buona notte





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