Ora e sempre Resistenza - 10° Puntata di Cirino e Coretta

Ricordando il 25 Aprile: quando difendevo la democrazia.

Sono passati 24 anni dalla prima volta che scesi in piazza, per difendere la libertà e la democrazia.

Oggi come ieri Resistenza. 
E' un valore che non si può e non si deve dimenticare, l'antifascismo.
Almeno provo a non dimenticarlo, perchè per me è un valore imprescindibile come la LIBERTÀ. 
Tutti gli anni, il 25 Aprile, per me celebrazione di vitale importanza, ideologica e personale, scelgo di celebrare ascoltando musica, guardando film o documentari, oggi con i miei figli e con la mia compagna, ieri scendendo in piazza, sempre convinto di un assoluto dovere in difesa della libertà. 
E inevitabilmente mi tornano alla mente fatti che hanno caratterizzato la mia vita politica e sociale e hanno segnato in modo indelebile ciò che sono oggi. 
13 Settembre 1996, quando uno scellerato leader leghista, di nome Umberto Bossi, "marciava" dalle sorgenti del Po, sul Monviso, attraversando tutta la sua e solo sua "Padania", fino a Venezia, per proclamare lo "Stato Padano". Dimentico che in quelle regioni, densamente popolate da meridionali e terroni, che avevano favorito la crescita del triangolo industriale, dell'eccellenza industriale ed artigianale del Nord Est, avrebbe trovato un'opposizione alla sua idea di secessionismo. Dividere l'Italia in macro-regioni, al motto di "Roma Ladrona" e di "I Terroni puzzano". 
Inaccettabile. 
Dal basso dei miei 19 anni, in preda ai primi vagiti antagonisti e rivoluzionari, in una Torino, che all'epoca viveva di manifestazioni studentesche, di collettivi, di centri sociali, di occupazioni, scendevo anche io in piazza. 
Lo ricordo oggi come ieri, con vivida commozione e con mal celato orgoglio.
Sul ponte di Piazza Vittorio, di fronte alla Gran Madre, migliaia di persone, giovani e meno giovani, famiglie, anziani, per contestare il passaggio sul battello del "Senatùr". 
Da una parte, sulla piazza, gli antagonisti dei Centri Sociali, che con striscioni e musica, dichiaravano la presenza del verde padano, non gradita, dall'altra, sul ponte, famiglie che a passeggio in una Torino post estiva, curiose, manifestavano garbatamente il loro disappunto verso quella "marcia" dal sapore retrò-fascista. 
Nel momento in cui il battello con il manipolo padano approdò ai Murazzi, la tensione salì alle stelle. 
Un furgone pieno di agenti della polizia irrompeva all'imbocco del ponte Vittorio Emanuele I, dal lato della piazza, creando il panico delle tante persone convenute e la reazione dei militanti dei Centri Sociali. 
Una reazione tanto imprevista quanto agguerrita. 
Troppi poliziotti in tenuta antisommossa, si materializzarono su quell'angolo "di fuoco". Troppi manganelli sguainati, qualche fumogeno di troppo. 
Il panico tra le famiglie, la rabbia tra gli antagonisti. 
Difendere un manipolo di seguaci del razzismo italiano? 
Le squadre di poliziotti quindi, per disperdere la folla, assiepata sull'incrocio, decidevano quindi di caricare, in modo assolutamente pericoloso, sul ponte in direzione Gran Madre.
Proprio dove c'erano le famiglie... 
il diciannovenne imberbe, si ritrovava in mezzo, proprio al limitare dei compagni antagonisti e delle famiglie. 
Iniziava quindi una "folle corsa", tra la folle folla, impaurita dalla violenza delle Forze dell'Ordine. 
Il cordone degli antagonisti cedette, e la Celere si fiondava sul ponte con inaudita violenza, calpestando e pestando tutto ciò che trovava al suo passaggio. 
L'istinto poteva manifestarsi nella fuga, per paura qualcuno poteva decidere di gettarsi nel fiume, ma fortunatamente non successe.
Successe invece che nella mia folle corsa, la razionalità mi fece pensare: "con tutte queste famiglie, non pesteranno le famiglie???" Mi affiancai ai parapetti del ponte, proprio a protezione di una famiglia di madre, padre e figlioletti, di cui uno sul passeggino, mi misi a scudo, già di enorme ed ingombrante stazza, come un polpo, fermandomi e sperando che al passaggio dell'onda "blu", non prendessi colpi. 
Invece, all'arrivo di un agente in divisa, i colpi caddero sul polipo che protegge. Con impietosa veemenza. 
"Vattene!! Andate via!" Urlò il mastino in divisa. 
Ma prima due precisi colpi, uno sul mio fianco, un altro sul braccio che proteggeva. 
Porto il lividi ancora nell'anima. 
Perché? Proteggevo una famiglia, non avevo il viso coperto, non lanciavo sanpietrini o molotov, ero lì per manifestare, pacificamente, contro un movimento politico che nuoceva gravemente alla salute della nostra tanto amata democrazia... Scappando dai lacrimogeni verso la Gran Madre, i pensieri e la rabbia presero il sopravvento. 
Ebbi la dimostrazione che le Forze dell'Ordine, in quel caso, non avevano la possibilità di decidere da che parte stare. Non c'era la parte giusta e la parte sbagliata. Non distinguevano tra il bene e il male. Obbedivano ad ordini, senza pensare. Questo è un atteggiamento tipico delle dittature, però. 
Sogno invece uno Stato giusto. Che pensi, che valuti il bene e il male. Utopia....

28 marzo 1998
10 mila in corteo a Torino, in maggioranza di area antagonista, danneggiato il palazzo di Giustizia. C'ero anche io in quel corteo. Lottando per la Liberazione di Soledad, perchè nel frattempo Baleno era morto, dicono "suicidato". 
Torino si trasformò in una Amsterdam a cielo aperto. Non lanciai nessun sanpietrino, nè contro la polizia, nè contro il Palazzo incriminato. Ma la rabbia montava.


Commenti

Post popolari in questo blog

In Libano...

Dalla mia grotta del temporale...